L’account è una figura indispensabile per ogni agenzia: gestisce il rapporto con i clienti e coordina ogni attività del progetto di comunicazione.  Abbiamo intervistato Daniela Pellegrini professoressa di lingue e comunicazione alla IULM, Account Director presso Maked, che, nel libro Il mestiere dell’account. In pubblicità comunicazione e marketing, delinea i metodi, le competenze e gli strumenti utili per svolgere al meglio questo lavoro.

 

1) All’inizio della sua carriera universitaria, ha scelto come percorso Lettere e Filosofia, cosa l’ha portata ad un cambio di rotta verso il Marketing e quindi a lavorare in realtà come agenzie di comunicazione e aziende?

Ho scelto di frequentare Lettere e Filosofia perché provenivo dal liceo classico ed era la strada forse più naturale. In realtà, il cambio di rotta è avvenuto per caso. Sapevo solo che non sarei voluta diventare una professoressa. Quando frequentavo io l’Università, infatti, non esistevano indirizzi specifici in marketing e comunicazione ma verso la fine degli anni ’80 lavorare in Agenzia era considerata una cosa “cool”. Esisteva uno stage organizzato dall’Assap, con la regione Lombardia, che offriva 30 posti pagati in agenzia dopo avere superato una prova di ingresso. Ci ho provato e mi sono buttata, non è stato facile (eravamo in 3.000 per 30 posti) ma ho passato le selezioni. Anziché entrare in agenzia, però, sono stata assunta da un’azienda nel reparto comunicazione. Il percorso mi è piaciuto e mi ha stimolato e, nonostante poi mi sia laureata in Lettere, sono rimasta in questo settore.

 

2) Perché il ruolo dell’account in passato ha subito un “declino”?

Perché molti professionisti nel passato hanno iniziato a interfacciarsi direttamente con le aziende, togliendo il ruolo alla figura che storicamente si occupa dei contatti. Inoltre le agenzie, dopo gli anni ’80 e parte degli anni ’90, hanno iniziato a soffrire sul lato budget e quindi a dovere tagliare risorse, fra cui gli account. In ultimo, sono entrate nel business della pubblicità realtà che non sono propriamente agenzie di comunicazione e quindi non prevedevano al loro interno questa figura professionale. Tutto questo ha prodotto un declino sia numerico sia qualitativo, fatto che poi si è rilevato non produttivo e da qui il nuovo rilancio di questa figura professionale che ha nelle sue corde la regia dell’approccio e la gestione di un progetto.

 

3) Se dovesse consigliare il punto di partenza per intraprendere la strada dell’Account quale sceglierebbe e perché?

Sicuramente consiglierei una buona base culturale. L’account per la natura del suo lavoro deve sapere scrivere e parlare e solo attraverso lo studio, e non mi riferisco a uno studio puramente tecnico, si impara a scrivere, per poi scrivere i brief e i documenti per il cliente, e a parlare, per poi presentare i progetti. Allo studio più “generico” si deve affiancare uno studio più tecnico che va dai libri di marketing più classici ai testi più tecnici. Certo un’impronta universitaria è importante a questo stadio in cui sicuramente uno stage in agenzia o in un’azienda per imparare il come si fa e il come ci si comporta è fondamentale.

 

4) Cosa è un account per lei e quali skills deve possedere? Quali aziende necessitano obbligatoriamente di questa figura?

Le skill per un’account sono, come ho accennato prima, il saper scrivere e saper presentare e parlare in pubblico.

Segue, sicuramente, una capacità organizzativa per potere pianificare un’attività e diventare il “regista” del progetto. Infatti, un’account deve necessariamente avere il quadro generale della situazione e deve capire quando e come muovere gli “attori”, che concorrono a creare il progetto e che sono degli specialisti di una determinata area.

L’account deve sapere tutto e niente, in pratica deve essere un tuttologo che conosce le dinamiche dell’area tecnica anche se non le applica direttamente.

Altro aspetto fondamentale è l’ordine: sapere sempre e, in tempo reale, dove sono i documenti, le presentazioni, le proposte. Il cliente, infatti, è capace di telefonare perché ha bisogno urgente di una certa cosa, e l’account è tenuto a fornirla subito.

Poi, sicuramente, una certa capacità di empatia per entrare in contatto con il cliente è fondamentale, anche se questo aspetto non si impara a scuola ma tocca la sfera personale: se non la si possiede bisogna imparare!

Tutti gli aspetti tecnici del lavoro invece si possono imparare sul campo o attraverso corsi specifici.

Le agenzie di comunicazione, off e on-line, generalmente, hanno bisogno di questa figura, come in azienda è necessario che esista il PM o il responsabile  marketing che abbiano la capacità di dare dei brief corretti e di verificare che le attività di comunicazione che vengono sviluppate siano allineate e coerenti fra di loro.

 

5) Non teme che in questo momento storico ci siano troppe figure all’interno di un’organizzazione? Questo non rende l’attività aziendale più lenta e macchinosa?

Non credo ci siano troppe figure all’interno di un’organizzazione. Da una parte infatti esistono le figure professionali tecniche o gli specialisti, che sono in grado di realizzare in modo professionale un progetto. Dall’altra esistono gli account che sono in grado di gestire e coordinare un’attività. Gli uni senza gli altri non potrebbero lavorare. Sono sempre stata convinta, infatti, che le persone che non ne sanno nulla del mestiere della comunicazione si rendono comunque conto degli errori e dei problemi, non capiscono il perché, ma avvertono comunque un certo distacco o addirittura repulsione per quello che vedono.  Chi viene penalizzato è quindi il brand, che non riesce a entrare in contatto con il possibile consumatore.

Avere in agenzia professionisti con specifiche skill, in grado di fornire le direttive giuste per un progetto porta benefici per tutti: anche se all’inizio un progetto può sembrare più lento e macchinoso, la sua realizzazione diventa più veloce e scorrevole ottenendo risultato migliori.