Nell’era postmoderna, caratterizzata dall’estrema fluidità di tutti i processi, il concetto di Smart Working assume una connotazione che incarna lo spirito del tempo.
Smart Working significa ridefinire e valorizzare il lavoro individuale, garantendo flessibilità, giusta conciliazione con la vita privata e maggiore produttività.
Per le PMI italiane, spesso a conduzione familiare, il concetto è difficile da digerire, ma anche le realtà più strutturate non sono da meno, si veda il recente caso PizzaBo.
Con Lucio Manocchio, Marketing Manager di Seedble – business accelerator con sede a Roma – abbiamo definito il concetto ed esplorato le sue potenzialità per i piccoli business.
1) Lo smart working sembra essere il tema più in voga di questo 2016, complice anche il disegno di legge approvato una settimana fa dal consiglio dei ministri. Quali sono le caratteristiche di quello che il Consiglio dei Ministri definisce come “modalità flessibile di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato allo scopo di incrementare la produttività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro”?
Sono sempre stato un sostenitore dello Smart Working e per questo non posso che accogliere con favore il disegno di legge approvato il 28 Gennaio. Il più importante passo in avanti è certamente quello fatto dal punto di vista culturale: un quadro normativo porta la discussione sul tema a un livello e in ambienti certamente superiori rispetto all’anno precedente. Per quanto importante, non è sufficiente perché credo fermamente che più che di leggi si debba investire in formazione e in una vera e propria rivoluzione culturale. A quel punto, come spesso accade negli ultimi anni, le leggi seguiranno i cambiamenti socio – culturali.
2) Il concetto chiave che regola lo smartworking è la fluidità. In che modo dire addio ai classici orari d’ufficio aumenta la produttività?
Rivedendo i modelli di valutazione delle performance e la valorizzazione dei singoli all’interno dell’organizzazione – anche in termini di benefit e incentivi – il focus passerà dalle ore trascorse in ufficio ai risultati effettivamente raggiunti. Il singolo, valutato sulla base delle performance e non più sulle ore che trascorre alla scrivania, riuscirà a conciliare meglio vita privata e lavorativa.
I singoli così incentivati e motivati a lavorare, con risultati inquadrati nel contesto organizzativo, porteranno a un naturale aumento della produttività.
Non esiste un approccio valido per tutti. Sicuramente quello che è possibile organizzare dal punto di vista del singolo è un miglior rapporto vita privata – vita lavorativa.
Dal punto di vista delle organizzazioni porta:
- Una diminuzione dell’assenteismo: non è necessario che i worker raggiungano il posto di lavoro per essere considerati “presenti”. Lavorando da casa si può risparmiare tempo e guadagnarne in salute
- Una riduzione dei costi di gestione e mantenimento degli uffici: non sono più necessari spazi di lavoro grandi e costosi sia in termini di affitto sia di mantenimento
- Fiducia e autonomia, da ultimo ma non per importanza, e un crescente livello di soddisfazione che si traduce in una maggiore produttività nel lungo periodo.
3) Numerose organizzazioni hanno adottato in maniera proficua il principio dello smart working. Tra le piccole e medie imprese italiane è ancora forte l’ancoraggio alla rigida organizzazione dei tempi di lavoro?
Il tessuto produttivo italiano è disseminato di piccole e medie realtà, spesso a conduzione familiare in cui l’imprenditore pretende il controllo assoluto di tutti i processi. Molte di esse, hanno avviato o stanno avviando, processi di internazionalizzazione o comunque di crescita che porta un ripensamento dei processi lavorativi.
Più che un approccio nazionale è una questione culturale. Ho lavorato in altri Stati europei, la Repubblica Slovacca su tutti, dove il controllo operato sui singoli e l’importanza data agli orari lavorativi sono molto pervasivi.
Il primo scoglio è la cultura aziendale e l’approccio di management adottato.
Dal punto di vista dei professionisti o freelance approcci smart working sono certamente più facilmente adottabili e auspicabili in modo da poter riuscire a raggiungere un elevato livello di efficienza, soddisfazione dei clienti e trasferimento di know how agli altri componenti del team lavorando su diversi progetti contemporaneamente.
4) Lavorare per obiettivi senza le limitazioni imposte dall’orario di ufficio. Qual è il rovescio della medaglia? Ci sono casi di organizzazioni che hanno sovraccaricato il dipendente costringendolo a lavorare senza sosta per intere giornate?
L’implementazione di un approccio smart working parte sempre dal management, sta in primis ai dirigenti, ai quadri e agli alti funzionari imparare a gestire il cambiamento proprio per evitare che la disponibilità di strumenti e tool collaborativi digitali si trasformi nel rovescio della medaglia e quindi in una “schiavitù digitale”.
5) Lavoro agile e maggiore responsabilizzazione del dipendente. Gli italiani come hanno accolto questa novità?
Si diffonde ma con prudenza e con approcci assai differenti da azienda ad azienda.
Secondo l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano nel 2015 il 17% delle società italiane ha avviato questo tipo di processi, quasi il doppio rispetto al 2014.
Introdurre lo Smart Working non è un percorso semplice, occorre prima di tutto una profonda rivoluzione culturale che va accompagnata nel tempo e continuamente misurata e, se necessario, implementata.