Intraprendere un processo di diversificazione (geografico e di business) che ti permetta di sfruttare le potenzialità del multibusiness e le possibilità date dal mercato internazionale è molto difficile per le imprese italiane. Per comprendere questo scenario e quali possono essere le azioni da compiere verso una crescita imprenditoriale, abbiamo intervistato Paolo Morosetti Lecturer di Strategy and Entrepreneurship della SDA Bocconi School of Management, Professore di Corporate Strategy presso l’Università Bocconi e autore del libro: “Le vie della crescita”.

 

1) Quando si delinea una corporate strategy, quali devono essere gli elementi a cui bisogna prestare attenzione per realizzarla? Perché?

Il livello corporate della strategia esiste quando un’impresa opera in più business. In tali circostanze, una corporate strategy si compone di un insieme di decisioni del tutto specifiche che riguardano, da una parte, la configurazione del portafoglio di business e dall’altra, le modalità di gestione della dimensione multibusiness.  Il primo insieme di decisioni dà forma alla strategia di portafoglio: in quali business investire, possono essere già presenti nel portafoglio oppure essere del tutto nuovi; e quali business dismettere, poiché ritenuti non più strategici.  Il secondo insieme di decisioni riguarda invece elementi di parenting strategy ossia di configurazione e gestione della corporate governance, del sistema di leadership, dell’organizzazione e dei corporate headquarters. Merita ricordare che la finalità di una corporate strategy è di creare un vantaggio aziendale, dunque un valore economico che non sarebbe possibile perseguire se i business fossero gestiti come imprese indipendenti. Quanto agli elementi a cui bisogna prestare attenzione nell’assumere decisioni corporate strategy, si ritiene che siano quattro le principali logiche da considerate. Prima di tutto, un imprenditore o un manager dovrebbe chiedersi quale sia la logica di business che sta perseguendo in uno specifico contesto decisionale. Per esempio, il potenziale investimento è a favore di un business che opera in un settore molto o poco attrattivo? Nell’ambito di tale settore, il business interessato alla decisione vanta una posizione di vantaggio o svantaggio competitivo? La può migliorare effettivamente? In secondo luogo, bisognerebbe chiedersi se i manager a livello corporate sono o non sono in grado di aggiungere valore a ognuno dei business controllati e se la parenting strategy è stata progettata per far sì che questo valore possa realmente esprimersi nei risultati sperati. Queste riflessioni afferiscono alla logica del valore aggiunto.  In terzo luogo, bisognerebbe verificare la logica di mercato. Per come è impostata la decisione, essa concorrerà effettivamente ad aumentare il fair value dell’impresa?  Permetterà poi di trasferire tale valore nel prezzo di mercato dell’impresa? In ultimo, bisognerebbe assodare quanto una decisione impatti sulla coerenza interna ed esterna nella configurazione del sistema di corporate governance, dei corporate headquarters e dell’organizzazione, oltre che sul rispetto dei vincoli normativi e delle best practice più diffuse in questi campi disciplinari a livello internazionale. Tali ragionamenti denotano l’applicazione della logica governance e compliance a un problema di corporate strategy.

 

2) Per diventare un’impresa multibusiness o un business group ci sono delle barriere all’entrata? Quali sono i consigli che dareste alle aziende italiane che ambiscono ad una trasformazione verso questa direzione?

Per diventare una impresa multibusiness serve una leadership preparata, che esprima un chiaro intento strategico e che persegua con fermezza una visione di lungo corso, che si fondi sull’assunto che l’impresa sarà più forte e di successo anche grazie all’investimento simultaneo in più business. La mancanza di tutto questo è la principale barriera di accesso alla corporate strategy. Per le imprese che volessero intraprendere questo percorso di crescita e sviluppo si consiglia pertanto, come prima passo, di dotarsi di una buona corporate  governance per approfondire ex ante le implicazioni gestionali e organizzative che si dischiudono con il passaggio da monobusiness a multibusiness. Poi bisognerebbe predisporsi ad accettare il principio che queste realtà di impresa non si gestiscono con la formula “dell’uomo solo al comando” ma attraverso un sistema di leadership composto da più talenti. Gli studiosi più vicini al mondo delle imprese enfatizzano il ruolo dei great groups oppure great leaders nelle imprese multibusiness. In ultimo, si raccomanda di attrezzarsi di adeguate politiche finanziarie. Crescere secondo la formula multibusiness richiede più risorse finanziarie che bisogna sapere generare dall’interno dell’impresa o raccogliere sul mercato, quando necessario, nelle forme più convenienti e coerenti. Non trascurando, in queste valutazioni, le caratteristiche, le attese e le disponibilità all’investimento dell’assetto proprietario.

 

3) In molte aziende le difficoltà di crescita sono dettate anche da una leadership inconsapevole o con una forma-mentis tradizionale. Riuscire ad evolversi in questi contesti è molto difficile, in questo caso i dipendenti potrebbero avere un ruolo importante? In che modo?

Esistono diverse vie per costruire un sistema di leadership che dovrebbe presentare tratti e capacità coerenti con le esigenze contingenti dell’impresa. Ci sono leader bravi a governare una fase di crescita, ma meno di consolidamento. Ci sono leader adatti a guidare una fase di ristrutturazione o di trasformazione aziendale. Ci sono leader capaci di far sognare, altri di motivare. La parola chiave è certamente evolvere dato che una leadership ha essa stessa un ciclo di vita. O evolve con il passare del tempo o potrebbe diventare un punto di debolezza dell’impresa proprio con il passare del tempo. Venendo al tema dei dipendenti, essi hanno un ruolo chiave in qualsiasi sistema di leadership, anche per innescare il cambiamento dei sistemi più tradizionali. Senza follower, dall’altra parte, non esiste il leader. E senza follower che credono con entusiasmo alla proposta del leader, il cambiamento non sarà mai certo facile da realizzare. Ma se il bisogno di cambiamento è forte e il leader non fosse in grado di mobilitare i follower, appare chiaro che sarà lui stesso ad essere messo sotto osservazione, tanto più se la governance aziendale è ben progettata e fa il suo mestiere.Dipendenti motivati, preparati, affezionati e disposti allo spirito di sacrificio sono pertanto segnali rilevatori di una leadership consapevole, attenta e altruista, connessa con l’impresa e capace di motivare e di premiare.

 

 4) La globalizzazione ha portato sicuramente delle opportunità ma anche delle minacce per il nostro mercato. Tralasciando i fattori negativi, avete in mente una Globalizzazione Ideale? Come sarebbe?

La globalizzazione ha avuto un primo importante effetto: il numero di articoli accademici e di libri in materia è cresciuto esponenzialmente dagli anni Ottanta creando un primo vero “business globale”!  Tuttavia, dati alla mano, la globalizzazione non esiste se non in qualche specifico settore oppure in alcune efficaci sintesi giornalistiche. Siamo in un mondo semi-globalizzato e i segnali che giungono anche oggi da più parti, con il riacuirsi delle istanze nazionali che proiettano ombre sui flussi di commercio internazionale, confermano questo trend. Ciò detto, buona globalizzazione per l’impresa è quella che crea maggior valore, non limitandosi a trasferirlo da un’area geografica a un’altra. Buona globalizzazione è quella che si accompagna ad azioni socialmente responsabili e che non siano solo finalizzate alla mera massimizzazione del profitto, senza etica negli obiettivi e nelle azioni di business. Bisogna pertanto proseguire negli sforzi di cambiamento nel paradigma di globalizzazione continuando a riflettere non solo su quanto profitto essa generi, ma anche su come tale profitto venga generato. A favore di chi e a spese di chi. In questa prospettiva il comportamento responsabile di ogni singola impresa, di ogni singolo consumatore e di ogni singolo cittadino ha un ruolo chiave per creare una globalizzazione “più ideale” e meno subita.

 

5) Cosa intendete per “integrazione su misura” nelle operazioni di Merger & Acquisition?

Le imprese multibusiness sono quelle che più di altre ricorrono a operazioni di merger & acquisitions per crescere.  Tali operazioni non sono tutte uguali fra loro. Si differenziano sotto un punto di vista societario, in funzione delle forme di finanziamento scelte per completare l’operazione e sulla base dei obiettivi strategici che intendono perseguire. Esistono operazioni per un rinforzo di un business già presente in portafoglio oppure per espandersi o esplorare nuovi business, in modo più o meno correlato. Di conseguenza l’integrazione dell’impresa acquirente con l’impresa acquisita può avvenire secondo modalità organizzative fra loro eterogene. Talvolta si può avviare una integrazione profonda, altre volte una molto più leggera. E nel farlo bisogna scegliere la velocità più adatta per integrare oppure lo stile migliore per aggregare fra loro le organizzazioni coinvolte. In questa prospettiva, il termine “integrazione su misura” ricorda che per fare acquisizioni e per portarle a termine con successo serve una specifica competenza, onde evitare di applicare una tecnica giusta in un contesto nel quale distruggerà valore anziché crearlo. L’integrazione su misura è dunque un aspetto assai delicato e troppo spesso sottostimato, soprattutto da chi compie poche operazione di finanza straordinaria. Si suggerisce alle imprese interessate a cimentarsi in operazioni di M&A di evitare l’errore ricorrente di voler apprendere sull’esperienza propria, anziché sull’esperienza altrui.