L’evolversi delle tecnologie che influiscono sulla nostra quotidianità e che sono sempre più su misura per ognuno di noi grazie all’analisi dei Big Data, rappresenta la normalità dei nostri giorni e di quelli che verranno nell’immediato futuro. Cosimo Accoto, Research Affiliate al MIT di Boston (presso il MIT SSRC Sociotechnical Systems Research Center affiliato al MIT IDSS Institute for Data, Systems and Society) e autore del libro Il mondo dato. Cinque brevi lezioni di filosofia digitale ci illustra, attraverso un approccio filosofico, possibili scenari futuri in cui i dati sono il fulcro del cambiamento.

1) Iniziamo dal titolo del suo libro: “Il mondo dato”. Quali significati assume la parola “dato” in questo contesto?

Il titolo è, al tempo stesso, un gioco linguistico e una provocazione. Linguistico perché gioca con l’aggettivo/sostantivo “dato”. In questo caso, significa un mondo (e una società e un’economia) sempre più data-driven. Siamo dentro una “infonomics” come si dice: un’economia fatta di dati e informazioni. E credo che, in futuro, ogni business sarà un “data business” a prescindere dal prodotto, dal servizio, dalla industry in cui le aziende operano. Ma è anche un titolo che vuole essere provocatorio per il fatto che questo mondo di dati potrà essere positivo se sapremo guidarlo nelle direzioni giuste. I trend più generali sono chiari (big data, artificial intelligence, platform design, sensor society, sovranità degli algoritmi, materia programmabile e così via), ma dobbiamo lavorare per indirizzare verso il meglio un modo di dati così costruito per evitare distorsioni e discriminazioni.   

 

2) Stiamo assistendo ad un periodo di forte transizione nel web, colossi come Google e Facebook hanno apportato grandi modifiche dei loro algoritmi. Quali pensa siano le conseguenze?

Dovremo abituarci ad un’economia digitale che per sua natura sarà costantemente in sviluppo e cambiamento. Questa è una “code economy” e il codice software vive, ontologicamente, di versioni, aggiornamenti, modifiche, bug da sistemare, feature nuove da implementare e così via. Vale per il codice, per gli algoritmi e per i dati. I dati per Facebook e Google (e tutte le aziende data-driven) hanno duplice funzione (come “input” e come “output” del loro business). Come input servono a migliorare i servizi che ci offrono in termini di esperienza, di efficienza, ecc. Ma, non dimentichiamoci che sono anche e soprattutto output, cioè i dati sono il prodotto dei loro processi di business. Il dato prodotto che, ad esempio, viene venduto ad aziende e inserzionisti pubblicitari e, in questo senso, le modifiche sono fatte per massimizzare il valore di questo output.

 

3) La tecnologia Blockchain porterà ad un cambiamento nelle nostre abitudini d’acquisto e di fruizione dei servizi? In che modo?

Potenzialmente la blockchain sarà in grado di trasformare in profondità sistemi di produzione, catene distributive, esperienze di relazione e fruizione. In maniera decentralizzata e automatica e, soprattutto, senza intermediazione, potremo conservare e movimentare valore (monetario, proprietario, identitario, fiduciario, etc) in maniera sicura e veloce. Verificare, ad es. la filiera dei prodotti di qualità che acquistiamo, scambiarsi denaro in tempo reale tra persone geograficamente distanti, vendere la nostra musica in maniera peer-to-peer. Come oggi cerchiamo su un motore di ricerca delle informazioni, così in futuro forse utilizzeremo un’interfaccia simile per verificare il possesso di un bene da parte del proprietario per, poi, magari effettuare l’acquisto di quel bene senza mediazioni. Ma siamo veramente ancora all’inizio dello sviluppo di questo nuovo layer tecnologico su internet.   

 

4) Nel suo libro la filosofia riveste un ruolo importante, la conoscenza di questa materia aiuta in qualche modo chi lavora in questo settore? Ci faccia un esempio.

Parlando ad esempio di Amazon Go, il recentissimo negozio senza casse di Amazon, la filosofia serve a capire in profondità il rapporto che c’è tra spazio e codice (per riuscire, ad esempio, a sviluppare nuovi servizi). Come anticipato nel mio ultimo saggio “Il Mondo Dato”, lo spazio viene modificato dal codice software che incorporiamo. Il software -istanziato da sensori, intelligenza artificiale, reti e attuatori- modula quella spazialità trasformando quello che sarebbe un magazzino (merci sugli scaffali) in un negozio (merci che si possono comprare e portare via senza cassieri). Si dice comunemente che c’è fusione tra fisico e digitale. Ma non è fusione, questo è un modo di ragionare poco utile. I filosofi la chiamano, invece, “transduzione” (modulazione) di uno spazio che diventa programmabile via codice software. In sintesi, se non c’è codice software in quello spazio, quella geometria rimane un magazzino, è il software che lo fa diventare un negozio. Se si pensa così, si possono immaginare molti nuovi servizi.

 

5) Anche le macchine possono creare algoritmi, arriveremo ad un punto in cui la componente umana non servirà più? Quali possono essere i possibili scenari secondo lei?

Il futuro sarà automatico: automazione di marketing, contratti automatici su registri distribuiti, organizzazioni decentralizzate e automatizzate, finanza e trading algoritmici e automatici, automazione robotica dei processi, intelligenza e apprendimento automatizzati, auto a guida autonoma e automatizzata, automazione della robotica industriale, decision-making periferico automatizzato. E la lista è destinata sicuramente ad allungarsi. Dobbiamo cominciare ad affrontare seriamente la questione della “automazione” (macchine senza uomini al lavoro) anche in relazione al suo complemento, cioè quello della “eteromazione” (macchine con uomini al lavoro).

 

“Perderemo dei posti di lavoro e ne creeremo di nuovi, anzi li stiamo già creando. E’ la fase di transizione che -dicono gli analisti- sarà critica e problematica.  Necessiteremo di nuove competenze, di nuovi modi di imparare e disimpare e, forse, più radicalmente di ripensare e reimmaginare il concetto stesso di lavoro”